Gli armeni non paiono molto inclini ai moderni, occidentali “Fast food”. Amano la buona tavola e riunirsi allegramente attorno ad un desco riccamente ed artisticamente imbandito, con tanti piatti di portata cui si può attingere, tra un brindisi e l´altro.
La cucina armena è molto colorata, varia e spesso elaborata: necessita quindi di cuochi e cuoche molto pazienti ed accurati. Nel contempo però risulta relativamente magra e leggera, pur rispondendo originariamente alle esigenze di un popolo di montanari, residenti in territori caratterizzati da lunghi inverni molto rigidi e brevi estati torride. Speziata, ma non eccessivamente piccante, profumata da una miriade di erbette spesso usate fresche, tra cui la menta, il coriandolo, il prezzemolo, l´aneto(un particolare basilico rossastro che solo loro hanno) prevede un consistente impiego di aglio e cipolla.
Della medesima ricetta possiamo trovare più varianti, a seconda che ci troviamo in Armenia o ospiti di armeni appartenenti alle diverse comunità diasporiche. Pertanto può variare anche la terminologia relativa a determinati ingredienti o pietanze e spesso troviamo che molti prodotti sono indicati con il vocabolo turco o arabo, poiché era quello comunemente usato nei mercati durante la secolare convivenza con questi popoli.
I khorovatz, gli spiedini di agnello o carni miste sono il loro “piatto forte”, ma non manca il pesce che, vista la lontananza dal mare, è in genere di acqua dolce; in tal caso primeggiano le celebri trote del Lago di Sevan, cucinate alla brace, dopo esser state precedentemente saltate in padella con del burro, e cosparse, a fine cottura, di fettine di limone, dragoncello e chicchi di melograno.
Il riso yeghindz, più comunemente noto come pilav, è un primo piatto molto diffuso, cucinato in svariate versioni; tuttavia anche le zuppe sono molto usate. Il riso costituisce uno degli ingredienti base per i dolmà, involtini in foglie di vite o verza. I legumi – un tempo primaria fonte di proteine – trovano un ampio e diversificato impiego: con i ceci, ad esempio vengono preparati i famosi topik, dei fagottini vegetali, tanto laboriosi quanto prelibati. Tra le verdure più popolari troviamo le zucchine, i peperoni e le melanzane, spesso cucinate ripiene.
Il formaggio è in genere ottenuto dal latte di pecora e risulta alquanto salato e poco grasso.
Il pastermà/bastermà è un filetto di manzo affumicato, speziato, particolarmente impiegato come antipasto ed in genere consumato assieme al lavash. Altro alimento di antica tradizione è il dzavar oppure col termine turco più comunemente usato, bulgur: è questo il grano spezzato, impiegato sia in antipasti freddi che in zuppe a base di verdure.
Lo yogurt, spesso prodotto artigianalmente in casa e chiamato matzun, non costituisce solo uno degli alimenti assunti assieme al miele durante la prima colazione, ma è usato come ingrediente in molte pietanze, zuppe comprese. Inoltre, diluendolo con acqua, si ottiene il than, una fresca e dissetante bevanda estiva.
I dolci prediligono l´impiego di miele, cannella, noci, pistacchi ed altri ingredienti non rapidamente deteriorabili d´estate. Tra tutti il paklavà/baklavà, anche se di origine araba, è particolarmente popolare e molto apprezzato anche dai più esigenti palati occidentali. Mentre non può mancare sul desco natalizio di ogni famiglia armena l´Anushabur.
La frutta in Armenia, grazie all´intenso sole estivo e alla natura del terreno, cresce particolarmente rigogliosa e, maturando sulla pianta, è dolcissima. La sua conservazione – caramellata o avvolta in sottili strati di cioccolato – è un´arte antica e consente di goderne i ricchi sapori tutto l´anno. Oltre alle celeberrime e celebrate albicocche, grandi quasi come pesche, primeggiano i fichi, le prugne, ciliege sia rosse che gialle, l´uva e naturalmente i melograni. A proposito di questi ultimi, se ne ricava un ottimo succo, oggi prodotto a livello industriale e distribuito in contenitori di tetrapack.
In tavola troviamo un´acqua minerale che sgorga dalle sorgenti termali della città di Jermuk: ce ne sono di più tipi, rispondendo alle esigenze più diverse. Infatti le acque di questa località hanno varie qualità terapeutiche. La più diffusa, “Noy”, prende il nome dal biblico conduttore dell´Arca.
Per i non astemi, ricordiamo che in Armenia si producono parecchi vini, giudicati di alta qualità: il più diffuso tra i rossi è denominato “Areni”, mentre tra i bianchi spicca l´”Arax”. Questa valutazione positiva proviene proprio da un gruppo di esperti e viticoltori italiani. Infatti, di recente il Centro di ricerca sulla vitivinicoltura di Conegliano (Treviso) ha avviato uno studio sui vini armeni: l´interesse non è solo dovuto alla qualità del prodotto, ma all´ipotesi che i vitigni originali del celebre Prosecco provengano proprio dalle pendici dell´Ararat.
L´Armenia distilla un ottimo cognac, fino ad oggi non esportato, e perciò poco noto, ma che si dice non abbia nulla ad invidiare al suo omologo francese. La fabbrica, denominata “Ararat”, ha sede a Erevan ed è meta di visite guidate per i turisti stranieri, i quali, oltre a godere dell´usuale degustazione, possono visitare un annesso museo e percorrere i cicli di produzione di questo orgoglio nazionale.
A completamento di questo breve quadro sulla cucina armena, aggiungiamo qui qualche ricetta, facilmente realizzabile anche in Italia.

Dolce di Natale
Anushabur
Ingredienti
250 gr di frumento intero pilato (oppure può andar bene anche l´orzo perlato)
250 gr di zucchero sciolto in due bicchieri di acqua calda
200 gr di uvetta
200 gr di albicocche secche
0,5 dl di acqua di rose
noci, mandorle e grani di melograno per guarnire, cannella a piacere
La sera prima lavate bene e risciacquate il frumento o l´orzo, poi mettetelo a bagno in tre litri di acqua tiepida e lasciatelo coperto.
L´indomani mettere al fuoco con la medesima acqua. Dopo la prima bollitura, schiumare ed abbassare la fiamma. Procedere la cottura a fuoco lento, mescolando di tanto in tanto.
Dopo due ore e mezza di cottura, versare lo zucchero, l´uvetta e le albicocche precedentemente lavate e tagliate in quarti. Cuocere ancora mezz´ora, sempre mescolando, sino ad ottenere la consistenza di un budino.
Quando il tutto si sarà addensato, spegnere e lasciar raffreddare. Aggiungere quindi l´acqua di rose. Prima di servire, guarnire con gherigli di noce, mandorle bianche e grani di melograno.

Paklavà
Chi ha avuto la fortuna di poter vedere il film “Quella strada chiamata Paradiso”, altrimenti noto tra gli armeni come “Mayrig”, diretto dal regista franco-armeno Henry Verneuil, può assistere alle diverse fasi di preparazione di questo dolce. Una sorta di rito collettivo, cui partecipa tutta la famiglia, con soave allegria. Ne forniamo qui comunque una versione un po´ semplificata, per quanto possibile.
Ingredienti
Per la pasta
Utilizzare la pasta sfoglia di tipo Fillo, già confezionata, reperibile in negozi di alimentari medio-orientali.
Per il ripieno
100 gr di noci
50 gr di pistacchi
50 gr di mandorle
(tutti e tre questi ingredienti devono essere tritati finemente)
Per lo sciroppo
400 gr di zucchero
3 dl di acqua
1 cucchiaio di succo di limone
alcune gocce di acqua di rose
Inoltre: 200 gr di burro chiarificato (fuso a calore moderato ed accuratamente schiumato)
Mettere tutti gli ingredienti per lo sciroppo in una casseruola piccola e portare ad ebollizione. Abbassare la fiamma e sobbollire per una decina di minuti circa, fintanto che si otterrà un composto che lasci una pellicola sul dorso del cucchiaio. Metterlo da parte a raffreddare.
Spennellare con il burro fuso una teglia rettangolare. Adagiarvi, uno alla volta, 10 strati di sfoglia sottile (Fillo), spennellandoli ciascuno con il burro fuso. Spargere uno strato sottile del composto di noci, pistacchi e mandorle tritati. Sovrapporre altri 5 strati di pasta e cospargere quindi con il resto del ripieno, continuando fino ad esaurimento della pasta. Spennellare l´ultimo strato con burro fuso.
Con un coltello a sega incidere il paklavà tracciando una serie di tagli longitudinali e paralleli. Tracciare poi altrettanti tagli nel verso opposto in modo da dar forma a tanti rombi regolari. Preriscaldare il forno ed infornare ad una temperatura di 180°. Dopo circa 10 minuti, ridurre leggermente la temperatura e far cuocere per 20 minuti circa, finchè la superficie risulterà ben dorata. Togliere la teglia dal forno e versare subito uniformemente lo sciroppo freddo. Lasciar raffreddare e servire.

Pesce in umido con verdure (Zug plakì) 600 gr di pesce (pescespada, tonno, cefalo, ecc.)
150 gr di carote
200 gr di patate
150 gr di sedano
200 gr di cipolle
1 spicchio d´aglio
200 gr di pomodori
1 limone
1 C di prezzemolo tritato
Olio extra vergine d´oliva
sale
(peperoncino)

Tagliate a dadini le carote, il sedano e le patate, affettate le cipolle e cuocete il tutto a vapore per un quarto d´ora circa. Tagliate il pesce in strisce di circa 2 cm di spessore e disponetelo in una pirofila. Contornatelo con le verdure cotte al vapore, ancora calde, irrorate con i pomodori tritati grossolanamente e salati, aggiungete un bicchiere d´acqua, spolverate con (il peperoncino,) il prezzemolo, e cospargete con fettine di limone. Cuocete su un frangifiamma a fuoco lento per 20 minuti circa.
Prima di servire completate con l´olio.

Crema di melanzane (Sempughì boranì) 2 melanzane
1 cipolla tritata
2 dl di brodo (di verdure)
250 gr di yogurt
(1 bustina di zafferano)
sale
(peperoncino) Brasate insieme le melanzane tritate a dadini e la cipolla finemente tritata. Aggiungere il brodo e cuocere a fuoco basso per 20 minuti. Frullate unendo lo yogurt, il sale, (lo zafferano) e il peperoncino.
Si può servire caldo o freddo.

Paté di fagioli con mandorle (Nushov lupià) 200 gr di fagioli bianchi
50 gr di uvetta
75 gr di mandorle
limone
sale Lessate i fagioli che avrete ammollato dalla sera precedente, scolateli, schiacciateli con una forchetta. Tritate finemente le mandorle, aggiungetele ai fagioli con le uvette e il sale e fate cuocere il composto con 1 dl di acqua, a fuoco lento per 20 minuti.
Lasciate raffreddare, versate in una terrina e guarnite con spicchi di limone.

Caffè armeno
Surtch
Tradizionalmente viene preparato in un apposito bricco di rame o ottone con il manico lungo. In mancanza va bene anche un casseruolino.
Versare 3,5 dl di acqua fredda nel bricco, aggiungervi 6 cucchiaini da tè di zucchero e metterlo sul fuoco, a fiamma moderata, mescolando fino a quando lo zucchero si sarà sciolto. Togliere il bricco dal fuoco, aggiungere 6 cucchiaini abbondanti da tè di caffè macinato molto fine, mescolare e riportare ad ebollizione. Quando in superficie salirà una densa spuma, togliere il bricco dal fornello ed attendere che il contenuto si depositi. Dopo aver ripetuto la medesima operazione una seconda volta, servire il caffè bollente, appena il fondo si è depositato